Cuprins
- CAPITOLO I – DANTE, FONDATORE DELLA QUESTIONE DELLA LINGUA
- 1.1. DE VULGARI ELOQUENTIA
- 1.1.1. IL VOLGARE ILLUSTRE
- 1.2. LA COSCIENZA DELLA LINGUA NEL ”DE VULGARI ELOQUENTIA”
- CAPITOLO II – PETRARCA, IL PERFETTO MODELLO LIRICO PER L’AVVENIRE
- 2.1. ASPETTI DEL PENSIERO
- 2.2. IL CANZONIERE
- CAPITOLO III – LA QUESTIONE DELLA LINGUA NEL QUATTROCENTO
- 3.1. IL QUATTROCENTO E L’UMANESIMO
- 3.2. L’UMANESIMO
- 3.2.1. LE CAUSE SOCIO POLITICHE DELL’UMANESIMO
- 3.2.2. I PIÙ IMPORTANTI STATI ITALIANI
- 3.3. I LUOGHI DELLA CULTURA UMANISTICA
- 3.4. IL PENSIERO LAICO, UNA NOVITÀ UMANISTICA
- 3.5. LA FILOLOGIA UMANISTICA. LATINO E VOLGARE
- CAPITOLO IV – L’OPZIONE PER IL LATINO PER LA PRIMA TAPPA DELL’UMANESIMO
- 4.1. CARATTERI GENERALI
- 4.2. GLI SCRITTORI DELL’UMANESIMO LATINO
- 4.3. COLUCCIO SALUTATI
- 4.4. LEONARDO BRUNI
- 4.5. POGGIO BRACCIOLINI
- 4.5.1. LETTERA A GUARINO VERONESE
- 4.6. LORENZO VALLA
- 4.6.1. ELOGIO DELLA LINGUA LATINA
- CAPITOLO V – L’OPZIONE PER IL VOLGARE NELLA SECONDA TAPPA DELL’UMANESIMO
- 5.1. CARATTERI GENERALI
- 5.2. LEON BATTISTA ALBERTI
- 5.2.1. LA NATURA DELL’UOMO. DA I LIBRI DELLA FAMIGLIA
- 5.2.2. ALBERTI E LA MORALE UMANISTICA
- 5.3. LORENZO DEI MEDICI
- 5.3.1. TRIONFO DI BACCO E ARIANNA
- 5.3.2. LORENZO IL MAGNIFICO, POLITICO E POETA
- 5.4. ANGELO POLIZIANO
- 5.4.1. L’OPERA IN LATINO
- 5.4.1.1. LODE DELL’ELOQUENZA
- 5.4.2. L’OPERA IN VOLGARE
- 5.4.2.1. I’MI TROVAI, FANCIULLE, UN BEL MATTINO
- CAPITOLO VI – BEMBO, IL GRAN TEORICO DELLA QUESTIONE DELLA LINGUA
- 6.1. GLI ASOLANI
- 6.2. LE RIME
- 6.2.1. IL PETRARCHISMO
- 6.3. LE PROSE DELLA VOLGAR LINGUA
- 6.4. LA COSCIENZA LETTERARIA E LA QUESTIONE DELLA LINGUA NEL BEMBO
- CAPITOLO VII – CONCLUSIONI
- 7.1. LA QUESTIONE DELLA LINGUA
- BIBLIOGRAFIA E REFERENZE BIBLIOGRAFICHE
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PREAMBULO
Questa tesi si propone d’esaminare uno dei più eloquenti aspetti dell’italiano letterario usato nei primi secoli di cultura dopo il medio evo: la storia della lingua delle opere letterarie, ossia “la questione della lingua”.
Senza poter analizzare il lungo percorso di questa storia, definita nei dizionari e nelle enciclopedie come “dibattito incentrato sulla questione quale lingua usare nelle opere scritte – se il latino (classico o medioevale), se l’italiano (il volgare della Toscana, o di un’altra provincia della penisola), con argomenti presi dalle stesse opere dei più gran letterati italiani …”, questa tesi vuole accennare i momenti più rilevanti che hanno contribuito allo sviluppo della letteratura italiana dal Due – al Cinquecento.
Riconoscendo a Pietro Bembo il gran merito d’aver aperto la strada a questo dibattito, si devono considerare tutti i contributi portati dei suoi predecessori, a partire da Dante - con la sua De volgari eloquentia – che riconosceva i confini linguistici non solo per l’italiano, ma anche per le altre lingue romanze.
Il valore delle sue e delle altre pregiatissime opere del periodo esaminato – appartenenti in particolar modo agli umanisti che scrissero in latino e in volgare – è messo in discussione con la presentazione dei loro più significativi scritti. Ne risultano le plurivalenze lessicali, grammaticali e stilistico-retoriche grazie alle quali s’impose lungo i secoli sulle altre parlate, il dialetto toscano, o meglio il fiorentino, già riconosciuto da Dante come sola “lingua aulica, illustre, curiale e cardinale”.
Il Bembo fu non solo l’autore del primo libro che trattava già dal Cinquecento il tema del perfetto modello letterario (petrarchesco, per la poesia e boccaccesco, per la prosa), egli fu anche l’autore dell’opera Asolani, raccolta di versi di stampo petrarchesco, pervasa dalle idee platoniche dell’amor divino.
CAPITOLO I – DANTE, FONDATORE DELLA QUESTIONE DELLA LINGUA
Quello che doveva essere il più gran poeta italiano nasceva nel 1265 da una famiglia di piccola nobiltà a Firenze. La più importante esperienza della sua vita come uomo e poeta è stata il suo amore per Beatrice, esperienza vissuta negli anni ‘80.
Culturalmente, si è formato tra Bologna e Firenze, determinati essendo per lui i contatti con i massimi intellettuali del suo tempo, dal maestro Brunetto Latini ai giovani poeti come Cavalcanti e Lapo Gianni che divisero con lui le scelte stilnoviste.
Nel 1302 cominciò il suo lungo esilio fino alla sua morte. Grazie all’esilio, conobbe realtà diverse, così ampliando le sue vedute umane e politiche e coltivando la consapevolezza della propria superiorità.
Negli anni dell’esilio scrisse le sue opere più importanti, dalla Monarchia, al De vulgari eloquentia, al Convivio e alla Commedia.
Indubbiamente, Dante Alighieri fu il più avanzato intellettuale del suo tempo, eredità di quale sarà intessuta tutta la storia letteraria italiana.
Lui fu quello chi chiuse e sintetizzò il Medio Evo e aprì un’altra epoca definita moderna. “Il suo pensiero si evolve e si completa nel corso della vita, arricchito dalle nuove esperienze e dalla coscienza di sé, della propria grandezza, dell’ingiustizia subita, raggiungendo una coerenza e un’organicità straordinarie.”
Nell’opera di Dante, la figura femminile è piena di valenze simboliche, apparendo come un vero miracolo, un annuncio di salvezza. Il lettore osserva che la descrizione fisica è quasi assente, Beatrice movendosi “in un’aura rarefatta e spirituale, incarnando la filosofia, la fede e la sapienza divina.
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- La Questione della Lingua dal Duecento al Cinquecento.doc